24/6 Le misure anti-covid dell’UE per sostenere la liquidita’ delle imprese – 1

24/6 Le misure anti-covid dell’UE per sostenere la liquidita’ delle imprese – 1

Liquidità, accesso al credito e garanzie sono stati i temi al centro del confronto online tra istituzioni, banche, imprese ed eurodeputati, promosso da Parlamento e Commissione europei. Un webinar in cui si spiega quali sono le misure per le imprese, con un’analisi sulle principali sfide che attendono l’Italia nei prossimi mesi.

“Senza accesso al credito e senza finanziamenti alle imprese, l’economia si ferma e la base industriale si sgretola”. Non usa mezze misure Carlo Corazza, Responsabile del Parlamento europeo in Italia, nell’aprire i lavori della digital conference “Accesso al credito e strumenti finanziari nel bilancio Ue 2021-2027”.

E’ questa quindi la strada da seguire per uscire dalla crisi e su cui l’UE sta lavorando dall’inizio della pandemia. Molte misure sono già state varate, ma nei prossimi giorni inizierà la vera partita su cui sono puntati tutti i riflettori: la negoziazione sull Recovery fund e sul nuovo bilancio Ue 2021-2027 su cui, conclude Corazza, “il Parlamento europeo si batterà perché non si scenda al di sotto della proposta avanzata dalla Commissione“.

Gli fa eco Antonio Parenti, Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione che sottolinea come “la ripresa dell’Italia dipenda da tre fattori: la capacità della base produttiva e sociale di ripartire; la capacità dello Stato di fornire risposte rapide e costruttive alle sfide che abbiamo davanti; infine la capacità di tutti (Stato e imprese) di accedere al credito in modo equo e in tempi rapidi”. E su questo molto dipenderà, appunto, dalle misure finanziarie che saranno adottate nei prossimi mesi. Una negoziazione su cui l’Italia dovrà giocare la partita della vita.

Le misure già in campo e quelle che verranno

Sia le misure già varate sia quelle che verranno, si basano su un presupposto molto chiaro: in una crisi come questa, nessun paese si salva da solo. Il motivo risiede nell’interconnessione dell’economia europea a cominciare dalle catene del valore, fino ad arrivare all’export.

“Il costo di una non-Europa – afferma Antonio Misiani, Vice Ministro dell’Economia – vale 3mila miliardi di euro di Pil in meno nei prossimi anni. Per questo – conclude Misiani – una risposta comune serve non solo all’Italia, ma anche ai paesi del nord”.

E allora vediamo quali sono le misure già varate e quelle che arriveranno nei prossimi mesi. Tra le prime (quelle già operative) ci sono:

  • La sospensione del Patto di stabilità che permette agli stati di aumentare il debito pubblico per mettere in campo misure a favore di imprese, lavoratori e famiglie;
  • Il temporary framework sugli aiuti di stato che ha dato ai governi più margini di manovra per attuare misure di sostegno alle imprese (che normalmente non sarebbero state possibili);
  • La possibilità di usare i fondi europei ancora disponibili per fronteggiare l’emergenza economica causata dalla pandemia, dando quindi agli stati e alle regioni la possibilità di cambiare la destinazione d’uso di questi fondi;
  • Il quantitative easing della Bce, cioè il piano di acquisto di titoli di stato da parte della Banca centrale europea che nel corso di questi mesi si sta ampliando sempre più, permettendo di tenere sotto controllo lo spread e consentendo ad un paese indebitato come l’Italia di raccogliere risorse sui mercati in modo sostenibile (dal punto di vista dell’indebitamento).

A queste misure si aggiungono gli interventi da 540 miliardi di euro concordate dal Consiglio europeo di fine aprile e che saranno attive a breve. Si tratta de:

  • Il Meccanismo europeo di stabilità (MES) per il rafforzamento del sistema sanitario, che all’Italia darebbe 36 miliardi di euro;
  • Il programma SURE che erogherà fino a 100 miliardi di prestiti per sostenere l’occupazione;
  • Il Fondo di garanzia da 25 miliardi della Banca europea per gli investimenti (Bei) che permetterà di erogare fino a 200 miliardi di finanziamenti.

Infine ci sono le misure che fanno capo al nuovo bilancio UE 2021-2027 e a Next Generation EU (cioè il Recovery Fund) lo strumento per sostenere la ripresa dell’economia europea e che nella proposta della Commissione presentata a fine maggio ha una dotazione di 750 miliardi di euro (di cui 500 miliardi come sovvenzioni e 250 miliardi come prestiti).

Tra quelle che toccano più da vicino le imprese, illustra Alessandro Carano, Senior Adviser DG EcFin in Commissione europea, c’è anzitutto il Solvency Support Instrument. Si tratta di un nuovo strumento da 31 miliardi (che potrebbero mobilitarne oltre 300 con l’apporto di capitali privati) per sostenere quelle aziende sane prima della crisi e che utilizzerà come cinghia di trasmissione intermediari come Cdp, fondi di equity, piattaforme di investimenti, etc. La misura – sottolinea Carano – è diretta ad aziende basate ed operanti in Ue, indipendentemente dalla proprietà.

L’altro fronte è il potenziamento di InvestEU (ex Piano Juncker) attraverso una nuova finestra di finanziamento per gli investimenti strategici europei e garanzie per 75 miliardi euro, con l’obiettivo di realizzare investimenti fino a mille miliardi di euro.

Stati generali: lavori in corso per il Recovery Plan italiano   

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Cosa rischia l’Italia e cosa sta facendo il governo

Quello italiano è stato uno dei lockdown più severi al mondo, indispensabile però per salvare vite umane. I dati epidemiologici oggi sono molto migliori, ma non c’è dubbio che nei prossimi mesi l’Italia dovrà continuare a convivere con il virus e le misure di distanziamento sociale continueranno a pesare sull’economia.

A snocciolare i numeri è il viceministro dell’economia Antonio Misiani. Secondo l’Istat nel 2020 il Pil italiano si attesterà sul -8,3% (ben lontano purtroppo nell’anno peggiore della grande crisi di dieci anni fa, quando nel 2009 il Pil raggiunse il -5,3%). Secondo l’Ocse i dati rischiano di essere ancora peggiori, con una caduta del Pil del -11,3% (e questo nel caso in cui non ci siano altre ondate di contagi).

In media l’Italia ha una previsione di caduta del Pil di 2,5 punti percentuali maggiore rispetto alla media UE, complice anche il peso del turismo (uno dei settori più colpiti) per la nostra economia.

A questi dati si aggiungono quelli sull’occupazione. Sono infatti 8 milioni gli italiani che attualmente si trovano in cassa integrazione. Parliamo di circa la metà dei dipendenti del settore privato. Qui il rischio da scongiurare a tutti i costi è che nei prossimi mesi una parte di questi lavoratori cassaintegrati si trasformi in disoccupati.

Davanti a scenari di questo tipo, il governo italiano tra marzo e maggio ha varato misure senza precedenti per portata e articolazione, che valgono 75 miliardi di indebitamento netto. Uno sforzo che si è già tradotto in numerose misure per la liquidità, incluse:

  • La moratoria sui prestiti, su cui i dati sono molto buoni;
  • La concessione di nuovi crediti su cui, invece, si va più a rilento. Su questo fronte – sottolinea Misiani – serve il lavoro di tutti. Il governo è intervenuto in sede di conversione del dl liquidità, cercando di migliorare lo strumento. Ma serve più sprint anche da parte delle banche.

Il punto cruciale per reggere l’urto della crisi – conclude Misiani – è quello di ripartire il prima possibile, garantendo adesso (e non domani) la liquidità alle imprese. Solo così possiamo salvare la base produttiva italiana ed impedire che diventi vittima del credit crunch.

Nelle risposte messe in campo dal governo, un ruolo fondamentale è quello di Cassa depositi e prestiti (Cdp), come illustrato da Nunzio Tartaglia, Chief responsabile della Divisione Imprese di Cdp. Oltre alle misure per gli enti locali, incluso l’anticipo di 12 miliardi per permettere i pagamenti dei debiti della PA a favore delle imprese creditrici, infatti, Cdp sta intervenendo su tre aree:

  • Garanzia Italia che integra il sistema di garanzie del Medio credito centrale per operazioni che riguardano le medie e grandi imprese;
  • Il finanziamento diretto alle imprese con un plafond di 6 miliardi di euro (di cui per ora ne sono stati usati due);
  • Patrimonio rilancio a sostegno della ricapitalizzazione delle imprese strategiche e su cui, adesso, è in atto un confronto con la Commissione per la validazione dello schema di decreto attuativo.

Fonte: Cristina Petrachi/Fasi.biz