Rapporto Gse: 20% consumi elettricità con rinnovabili, troppo poco

Rapporto Gse: 20% consumi elettricità con rinnovabili, troppo poco

Dal “Rapporto delle attività 2020 del GSE”, presentato oggi dal Gestore dei Servizi Energetici,  risulta che in Italia sono stati investiti «15 miliardi di euro destinati alla promozione della sostenibilità, dei quali 11,9 per l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, 1,1 miliardi per l’efficienza energetica e per le rinnovabili nel settore termico, 1 miliardo dedicato ai biocarburanti. Sono inoltre 1,3 miliardi di euro i proventi delle aste di CO2 nell’ambito del meccanismo europeo ETS (Emission Trading Scheme)».

Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha sottolineato che «Il nostro sforzo è volto ad incrementare quote sempre crescenti di rinnovabili nei sistemi energetici, a partire dal settore elettrico, che ha potenzialità di decarbonizzarsi per primo rispetto ad altri, facendo leva sull’abbondanza di risorsa rinnovabile a disposizione e su tecnologie prevalentemente mature. Ma la ratio dei nostri interventi si fonda anche su un miglioramento immediato della qualità della vita, come nel caso dello sviluppo della mobilità sostenibile che, oltre ai fini della decarbonizzazione, costituisce un tangibile apporto positivo alla vivibilità. Oppure, come nel caso del rafforzamento dell’efficientamento energetico attraverso l’incremento del livello di efficienza del parco immobiliare, una delle leve più virtuose per la riduzione delle emissioni in un Paese come il nostro, che soffre di un patrimonio edilizio in cui oltre il 60% degli edifici ha un’età superiore a 45 anni».

Il rapporto sottolinea che «Con una copertura da fonti rinnovabili stimata al 20% dei consumi energetici complessivi nei settori elettrico, termico e dei trasporti, l’Italia nel 2020 ha superato gli obiettivi fissati dall’Unione europea (17% al 2020 per l’Italia). Inoltre, nel settore elettrico il 37% dei consumi è stato soddisfatto da fonti rinnovabili, cui è associata una produzione di circa 116 TWh, grazie anche a nuovi impianti installati per oltre 900 MW di potenza (dei quali circa 750 di fotovoltaico) e all’incremento della produzione fotovoltaica dovuta al maggior irraggiamento solare.

A fine 2020 risultano in esercizio in Italia circa 950.000 impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, per una potenza complessiva di oltre 56 GW. Di questi impianti, quasi 936.000 sono fotovoltaici, circa 5.700 eolici, mentre i restanti sono alimentati dalle altre fonti (idraulica, geotermica, bioenergie)».

Se in assoluto possiamo dire che il 2020 sia stato un anno di successo, in prospettiva con gli obiettivi che il nostro Paese deve raggiungere questi miglioramenti non sono sufficienti.

Gli obiettivi al 2030 delineati nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), pur modesti rispetto al contesto europeo, non potranno essere raggiunti seguendo i ritmi attuali.

Non a caso nell’ultima Analisi trimestrale del sistema energetico, l’Enea conferma per il quarto anno consecutivo un regresso nel percorso nazionale di decarbonizzazione «a causa della sostanziale stazionarietà delle fonti rinnovabili e di un livello dei prezzi più elevato dell’anno precedente».

Tanto che il Coordinamento Free – ovvero la più grande associazione italiana nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica – stima che se il tasso di autorizzazioni per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili rimanesse quello del 2017-2018, sarà di 67 anni il tempo necessario per realizzare il Pniec.

Arriveremmo così al 2087, ovvero 37 anni dopo l’obiettivo della neutralità climatica che dovrà essere centrato in Europa entro il 2050. Senza dimenticare le criticità sofferte da alcune filiere in particolare come quella geotermica, orfana dei nuovi incentivi per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili previsti dal decreto Fer 1 (e ancora in attesa del Fer 2).

E’ necessario che i processi autorizzativi vengano accelerati, e resi più snelli, per permettere investimenti importanti sia pubblici che privati. Tuttavia la semplificazione non deve essere, come lo è stata ampiamente in passato, una scorciatoia del malaffare e della speculazione facile che ha generato una bella fetta dei problemi ambientali che ci portiamo dietro.