Piano pandemico nazionale: possibili nuovi virus?

Piano pandemico nazionale: possibili nuovi virus?

Presto l’Italia avrà un nuovo Piano pandemico nazionale. Esiste una bozza, secondo quanto spiegato da Il Fatto Quotidiano a gennaio, che prevede una serie di misure organizzative e azioni per fronteggiare possibile nuove pandemie, dall’individuazione di una precisa catena di comando tra governo e Regioni alla creazione di piattaforme “per il rapido sviluppo di farmaci antivirali antiinfluenzali e vaccini pandemici contro virus influenzali aviari che si dimostrino in grado di passare all’uomo”.

Tra le tante indicazioni che si possono leggere nel documento, si leggeva anche della possibilità di rischi futuri: “Alla luce della recente esperienza pandemica con virus diversi dall’influenza, si ritiene peraltro prudente non escludere dalle ipotesi programmatorie la possibilità, per quanto improbabile, che possano emergere virus influenzali caratterizzati da una elevata trasmissibilità e alta patogenicità (ad esempio determinata da future mutazioni di H5N1)”. Cioè l’aviaria.

Non ci è voluto molto per dare un nome e uno scenario a questa possibilità. In un articolo sul sito del Cidrap (Center for Infectious Disease Research and Policy) dal titolo “La Russia segnala i primi casi umani di influenza aviaria H5N8” si segnala che intorno al 20 febbraio la Russia abbia informato l’ OMS dell’esistenza di casi della prima infezione da influenza aviaria H5N8 nota nell’uomo.  I casi riguardano sette lavoratori di un impianto avicolo nel sud del paese. Gli scienziati avrebbero iniziato a sviluppare test diagnostici e un vaccino come misura precauzionale.

Il virus era stato già rinvenuto nel nostro continente nella primavera del 2020 e si pensa provenga da alcuni uccelli migratori che si sarebbero infettati in Russia e nel Kazakistan.

L’alta patogenicità del virus e le condizioni in cui vivono milioni di polli, tacchini e anatre negli allevamenti di tutta Europa rendono la diffusione – e di conseguenza anche una mutazione – difficile da arginare.

Così come il coronavirus, anche questo potrebbe diventare un disastro preannunciato tale da sfuggirci di mano da un momento all’altro.

Dallo scorso settembre l’Autorità Europea sulla Sicurezza Alimentare (EFSA) sollecita i Paesi dell’UE a intensificare la sorveglianza e le misure di biosicurezza. I focolai di aviaria tra gli animali in questo momento sono molto diffusi in tutta Europa, partendo dai Balcani. Lo scorso novembre addirittura rinvenuto uno in anatre selvatiche cacciate in Veneto.

A dicembre in Giappone a causa dell’aviaria sono stati abbattuti 3 milioni di polli.  Pochi giorni fa, in India, le autorità di nuova Delhi hanno ordinato di chiudere il mercato di Ghazipur — il suo più grande mercato all’ingrosso di pollame — lo zoo, i parchi con laghi e le riserve naturali.

Non sottovalutare il rischio. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti, se il virus imparasse a trasmettersi in maniera efficiente da umano a umano, circa il 60% delle persone infette morirebbe.

Nello scorso ottobre una riforma della PAC da parte della Comunità Europea sembrava voler eliminare gli incentivi per gli allevamenti avicoli, ma non se ne è fatto di nulla.

Sarebbe invece importante aprire un dibattito sul tema. Perché l’arrivo di una pandemia aviaria non porrebbe solo problemi per la salute degli esseri umani, ma provocherebbe il fallimento delle attività di allevamento intensivo e una negativa ripercussione sull’approvvigionamento del cibo per la nostra alimentazione: tre fattori di caos.