Legge di bilancio 3: giro di vite contro le partite Iva “apri e chiudi”

Legge di bilancio 3: giro di vite contro le partite Iva “apri e chiudi”

Previste specifiche analisi del rischio per intercettare soggetti fiscalmente pericolosi, con conseguente invito a esibire i documenti attestanti l’effettivo esercizio di un’attività economica.

In caso di esito negativo del controllo conseguente all’attribuzione del numero di partita Iva, l’ufficio emanerà provvedimento di cessazione della stessa e irrogherà una sanzione amministrativa di 3mila euro, senza possibilità di applicare il beneficio del “cumulo giuridico”; l’interessato potrà riaprirla soltanto dopo aver presentato una fideiussione assicurativa o bancaria di durata triennale e di importo non inferiore a 50mila euro. Un provvedimento delle Entrate definirà le disposizioni attuative.

La disciplina dettata dall’articolo 1, commi da 148 a 150, della legge 197/2022, risponde all’esigenza di contrastare l’evasione e le frodi fiscali perpetrate attraverso la costituzione di imprese individuali o Srl semplificate, che operano per brevi periodi violando obblighi fiscali e contributivi e poi scompaiono, di fatto sottraendosi a ogni attività di riscossione.

A tale scopo, come stabilito in particolare dal comma 148, l’Agenzia delle entrate dovrà effettuare specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite Iva e, ogni qualvolta intercetterà un soggetto “pericoloso”, lo inviterà a presentarsi di persona in ufficio (articolo 32, Dpr 600/1973) per esibire le scritture contabili obbligatorie (articoli 14 e 19, Dpr 600/1973, rispettivamente per imprese commerciali, società ed enti equiparati, e per esercenti arti e professioni) e, così, consentire la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività (articoli 4 e 5, Dpr 633/1972) nonché per dimostrare, sulla base di idonea documentazione, l’assenza dei profili di rischio individuati a seguito delle attività di analisi.
In caso di esito negativo, cioè qualora il contribuente non dia seguito all’invito oppure le scritture contabili e i documenti esibiti non attestino l’effettivo esercizio dell’attività d’impresa, professionale o artistica, ovvero non consentano di superare i profili di rischio individuati, l’ufficio sancirà la cessazione della partita Iva con apposito provvedimento.
Successivamente, lo stesso contribuente potrà richiedere di nuovo la partita Iva, come imprenditore individuale o lavoratore autonomo oppure come rappresentante legale di società, associazione od ente costituito dopo il provvedimento di chiusura, soltanto rilasciando una garanzia sotto forma di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni e per un importo non inferiore a 50mila euro ovvero pari, se superiore, all’ammontare delle somme dovute per violazioni fiscali commesse prima del provvedimento di cessazione, sempreché le stesse non siano state già versate.

Inoltre, nei confronti dei soggetti destinatari di provvedimento di cessazione della partita Iva, il comma 149 ha introdotto anche la contestuale irrogazione di una sanzione amministrativa di 3mila euro, senza possibilità di beneficiare del “cumulo giuridico” ex articolo 12 (“Concorso di violazioni e continuazione”), Dlgs 472/1997 (durante l’esame parlamentare, è stata eliminata la previsione, contenuta nel testo di partenza del disegno di legge, secondo la quale era considerato responsabile in solido della sanzione l’intermediario che, per conto del contribuente, aveva trasmesso il modello di inizio attività).
La nuova previsione sanzionatoria è stata inserita nell’articolo 11 del Dlgs 471/1977, concernente le altre violazioni in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto, aggiungendo, in chiusura, un comma 7-quater.

Oltre che nell’ipotesi esaminata in questo contributo, aggiunta nella “legge Iva” attraverso l’inserimento dei commi 15-bis.1 e 15-bis.2 all’interno dell’articolo 35 del Dpr 633/1972, la neo sanzione di 3mila euro scatta anche nell’altra fattispecie – disciplinata dal già vigente comma 15-bis del citato articolo 35 – in cui è prevista l’emanazione del provvedimento di cessazione della partita Iva da parte dell’ufficio (nonché l’eliminazione dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie), vale a dire quando la verifica sulla completezza ed esattezza dei dati comunicati dagli interessati in sede di richiesta di attribuzione del numero di partita Iva fornisce esito negativo (si vedano provvedimento 12 giugno 2017 e “Archivio informatico Vies: ecco quando si viene esclusi”).

In ogni caso, per la piena efficacia della disciplina introdotta dai commi 148 e 149 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2023, il successivo comma 150 prevede l’emanazione di uno o più provvedimenti da parte dell’Agenzia delle entrate, con cui dovranno essere definiti i criteri, le modalità e i termini per l’attuazione di quelle disposizioni.