La buona frutta e verdura non deve essere per forza bella, grande e perfetta

La buona frutta e verdura non deve essere per forza bella, grande e perfetta

E’ diventata una ossessione: al mercato, quando andiamo a scegliere frutta e verdura, vorremmo trovare solo roba bella, grande e perfetta. Il che non è per nulla sintomo di bontà e qualità.

Questo comportamento ci fa sprecare tanto cibo buono che viene gettato via solo perché non rispetta alcuni canoni estetici, con l’aggravante che il rifiuto di questi prodotti sul mercato sta facendo collassare i piccoli agricoltori.

Così spiega un report dell’Associazione Terra, “Siamo alla frutta. Perché un cibo bello non è sempre buono per l’ambiente e l’agricoltura, che mostra, dati alla mano, come la prassi di commercializzare prodotti perfetti stia mettendo in seria crisi gli agricoltori del nostro paese.

Questi, alle prese anche con i cambiamenti climatici, si trovano di fronte a frutta e verdura che sempre più spesso hanno forme e dimensioni non standard e che dunque vengono scartate dalla grande distribuzione.

“Quando andiamo a comprare la frutta, sullo scaffale del supermercato troveremo quasi sempre un prodotto all’apparenza perfetto: una cassetta di mele identiche le une alle altre, una vaschetta di
kiwi delle stesse dimensioni, arance il cui diametro non può essere inferiore ai 53 mm.

Quella che acquistiamo non è quindi semplice frutta, ma un prodotto che è stato selezionato geneticamente, coltivato, raccolto, passato al vaglio delle macchine calibratrici e, infne, diventato
prodotto “Extra” o di “categoria I”.

La categoria considerata inferiore (“categoria II”) difficilmente trova spazio nei mercati tradizionali e viene venduta in mercati considerati più poveri come i paesi dell’Est Europa o fnisce alle industrie di trasformazione per farne succhi di frutta, dove però viene pagata una cifra irrisoria.

Secondo la FAO, il 33% dell’intera produzione alimentare non viene consumata.

Ssoffermiamoci in particolare su quattro frutti simbolo della crisi che sta vivendo il settore in Italia: pere, arance, kiwi e mele. L’ossessione per la frutta perfetta sta causando la perdita di migliaia di ettari di terre coltivate.

Gli esempi portati dal report di Terra sono lampanti:  i terreni destinati alla coltivazione delle pere in Emilia-Romagna negli ultimi 15 anni sono diminuiti di 6.000 ettari; le arance di Sicilia sono attualmente coltivate su 82.000 ettari contro i 107.000 di vent’anni fa e infine i kiwi, la cui produzione a livello nazionale è calata di quasi 100.000 tonnellate (dal 2014 al 2019) a causa di una malattia che colpisce le piante e che sembra essere causata, secondo alcuni studi, dall’aumento delle temperature.

Solo quella delle mele sembra l’unica filiera a “reggere” meglio le imposizioni e gli standard richiesti dalla GDO.

Ma se il mercato rifiuta tonnellate e tonnellate di prodotti “brutti ma buoni” lo spreco alimentare si ritorce sull’anello debole della catena produttiva: piccoli agricoltori che rischiano di finire sul lastrico. Eppure le imperfezioni visive di frutta e verdura non intaccano qualità e sapore.