Dalla nuova PAC europea al Piano Nazionale

Dalla nuova PAC europea al Piano Nazionale

La riforma della nuova Politica agricola comune (PAC), ha incassato appena due giorni fa il via libera definitivo dell’Europarlamento, dopo l’accordo politico dello scorso giugno tra le istituzioni Ue, permette un’ampia delega agli Stati membri sulla scelta delle misure per raggiungere i nuovi obiettivi legati alla sostenibilità ambientale e sociale della Pac che entrerà in vigore nel 2023.

Saranno destinati all’agricoltura europea circa 387 miliardi di euro, pari al 33% del bilancio totale dell’Unione. Ogni paese dovrà garantire che almeno il 35% dei fondi per lo sviluppo rurale e il 25% dei pagamenti diretti siano destinati a misure ambientali e climatiche.

Poco meno di 5 miliardi di aiuti sono destinati all’Italia, così ripartiti: quasi quattro gestiti direttamente dal governo, e un altro miliardo per i piani di sviluppo rurale gestiti dalle Regioni.

Adesso però sarà una corsa contro il tempo per l’invio a Bruxelles del piano strategico nazionale che dovrà definire i criteri di assegnazione degli aiuti e questo vale anche per i singoli piani regionali.

Non sarà facile mettere d’accordo il Mipaaf con le varie sigle sindacali che partecipano al tavolo presieduto dal ministro Stefano Patuanelli, per discutere se mantenere l’attuale status quo sulla distribuzione dei fondi, figlio di posizioni politiche di inizio secolo che privilegiavano l’aiuto alle Regioni meno favorite oppure si raggiunga una redistribuzione più paritaria come chiedono le Regioni più avanti.

Gli Stati membri dell’unione sono loro volta chiamati a scegliere quali pratiche sostenibili premiare per raggiungere l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni al 2030 di almeno il 55 per cento.

Una decisione complessa perché rischia di creare l’insoddisfazione di alcuni (è il caso della zootecnia, ma anche olio, agrumi e tabacco) e territori destinati a perdere di più nel confronto con il passato.