Con il lockdown il Food ha superato anche la prova del digitale

Con il lockdown il Food ha superato anche la prova del digitale

Ha rappresentato l’8,8% di tutti gli acquisti via web, con un’accelerazione delle vendite che nel lockdown ha raggiunto picchi settimanali del +288% e che non è mai scesa sotto il +50% (dati Netcomm). La società di consulenza Bain & Company ha sottolineato che l’emergenza sanitaria ha concentrato nel solo 2020 una crescita della spesa online per il settore food che altrimenti sarebbe avvenuta in almeno due anni. E’ evidente che il comparto alimentare si sta velocemente trasformando e sempre più si dovrà confrontare con le sfide che impone la digitalizzazione. Mentre stanno nascendo supermercati al 100% online, i grandi distributori pongono al centro della propria strategia l’omnicanalità e i piccoli rivenditori o le aziende produttrici si stanno organizzando per rispondere alle nuove esigenze del cliente.

 

Quasi il 18% degli italiani ha fatto la spesa su internet nel 2020

Durante i primi mesi del lockdown introdotto in Italia la penetrazione dell’alimentare nell’online è raddoppiata: almeno il 17,2% dei consumatori ha acquistato via Internet almeno una volta, con le vendite digitali di prodotti confezionati di largo consumo che settimanalmente hanno vantato una crescita mai scesa sotto il 50% e con il canale virtuale che ha raggiunto picchi fino al 288%. E’ quanto emerso da uno studio realizzato da IRI per Netcomm, il digital hub italiano per l’evoluzione delle imprese verso i consumatori. Il rapporto ha messo in evidenza che il cambiamento nelle abitudini di acquisto non è venuto meno nella fase successiva: il 36% ha continuato a fare la spesa online, privilegiando i siti web della GDO, con un aumento della customer satisfaction arrivata a una valutazione di 7,5 contro il 6,5 nel periodo della pandemia. La spesa alimentare online, dunque, è entrata a tutti gli effetti tra le abitudini di consumo degli italiani. Secondo Roberto Liscia, presidente di Netcomm, «la necessità di mantenere il distanziamento sociale e, al tempo stesso, di garantire la continuità del servizio, ha determinato l’affermarsi della consegna senza contatto. In particolare, un ruolo importante ha giocato il click & collect, vale a dire il ritiro in negozio della merce acquistata online, che nelle quote di vendita ha superato il 15% durante il lockdown (era l’8,3% nel 2019) e si è attestato di poco sotto al 13% nella fase successiva. Una modalità di acquisto molto apprezzata dagli eShopper nell’alimentare, perché ritenuta più conveniente e veloce rispetto all’home delivery».

 

Everli registra una volata del 208% dell’ecommerce

Il marketplace Everli ha testimoniato con i propri numeri il cambio di passo nelle abitudini degli italiani per la spesa online. La società, nata dalla trasformazione di Supermercato24, ha chiuso il 2020 con una volata degli acquisti via app o via sito del 208%. Everli ha anche pubblicato il dettaglio dei beni più gettonati dalla clientela: al primo posto si è collocato lo shopping di frutta e verdura, al posto di quello di formaggi, salumi e gastronomia, scesi in quarta posizione. Al secondo posto sul podio si sono collocati i prodotti per la colazione, i dolciumi e gli snack. Al terzo posto latte, burro e yogurt. Nella seconda parte della classifica, invece, si sono posizionati surgelati e gelati insieme ai prodotti per la cura e l’igiene personale. I dati dell’azienda hanno inoltre evidenziato un’impennata a quattro cifre degli acquisti online di guanti e prodotti per la pulizia della casa, che hanno visto moltiplicarsi di oltre 50 volte il volume di ordini rispetto all’anno prima, insieme a preparati per pane e pizza fatti in casa (+5046%) e ai prodotti per la cura delle mani (+4615%). Il volume maggiore di acquisti si è concentrato soprattutto nei mesi di aprile e maggio, con una flessione nel periodo da luglio a settembre, per poi tornare a crescere nuovamente in concomitanza con la seconda ondata dell’emergenza, in particolare tra novembre e dicembre.

 

I negozi del futuro sarà multicanale

Federdistrizione ha puntato l’indice sul fatto che già da diversi anni le aziende della distribuzione hanno incrementato progettualità e investimenti in ambito tecnologico: dagli interventi sul punto vendita, che si sposta sempre più verso il modello di smart retailing, sino ad arrivare alla logistica, alla gestione del magazzino e dei rapporti con i fornitori. Secondo l’organismo la spinta verso l’innovazione digitale del mondo del retail ha ricadute positive in tutta la filiera mettendo in luce le opportunità che il digitale offre sia a favore dei consumatori che di fornitori e PMI. «L’emergenza sanitaria ha sicuramente dato una forte accelerata a questo processo già in atto al quale le imprese della Distribuzione Moderna alimentare hanno risposto potenziando la propria multicanalità e incentivando l’home delivery e servizi di acquisto online e ritiro nel punto vendita» – ha sottolineato Federdistribuzione, ricordando che «nel 2020 il grocery online ha raddoppiato i suoi volumi, ancora esigui sul totale delle vendite alimentari». Il trend, per altro, è destinato a crescere ulteriormente.  Nel frattempo anche l’omnicanalità, già da tempo posta al centro della strategia dei grandi gruppi del lusso, negli ultimi mesi ha conquistato anche il comparto dell’alimentare. Gli esperti sono certi che l’intreccio tra negozio fisico e negozio virtuale sarà la formula vincente per il commercio del futuro. Il presidente di Netcomm, Liscia, ritiene che prenderà sempre più piede il così detto click&collect. «La tecnologia, attraverso le app, può semplificare e automatizzare la gestione degli ingressi all’interno degli esercizi commerciali, diluendo gli accessi e, di conseguenza, i tempi di attesa dei clienti, ha commentato, aggiungendo: «grazie al digitale, i negozi di un territorio possono fare sistema fino a organizzarsi in un micro-marketplace locale, raccogliendo in un’unica piattaforma l’offerta dei commercianti per soddisfare, non solo la domanda del bacino di utenza locale, ma favorendo anche un ampliamento dei propri confini, fino all’esportazione dei prodotti». Insomma l’eCommerce di prossimità permetterà sempre più  l’integrazione tra i grandi player del commercio elettronico e i piccoli negozianti, i quali, grazie alla logistica e alle piattaforme di delivery, potranno raggiungere i clienti residenti nelle zone limitrofe. Gli stessi magazzini dei negozi potranno diventare veri e propri centri di raccolta dei prodotti per le consegne attraverso i canali digitali, siano essi siti, social network o app di delivery. «La direzione del nuovo eCommerce, sempre più glocal, favorirà tutte le attività, anche quelle più tradizionali, offrendo nuove strade per rafforzare il ruolo storico delle comunità locali e della collettività dei centri abitati», ha concluso Liscia.

 

Spuntano nuovi supermercati totalmente digitali

La novità dell’ultimo periodo è stata la nascita di nuovi supermercati completamente digitali. E gli esperti sono pronti a scommettere che il numero di questi supermercati di nuova generazione sia destinato a crescere, anche se per adesso è limitato. Si tratta di un modello di business giovane, completamente privo di negozi fisici e con attori che cercano di conquistare la clientela offrendo un’esperienza efficiente con consegne a domicilio dalle 2 alle 24 ore nelle zone meglio servite, talvolta gratis e anche con la proposta di prodotti del territorio. Secondo l’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, i supermercati digitali al 100% sono l’ultima novità nell’e-grocery, il settore cresciuto più di tutti nell’ecommerce nel 2020, con una volata stimata pari al +70%. Del resto il nuovo business è nato sulla costatazione che il 75%degli italiani che ultimamente hanno fatto la spesa online, ha poi dichiarato di voler ripetere l’esperienza, secondo quanto rilevato dall’indagine dell’Observatoire Havas Commerce. In Italia sono nate realtà come Macai di Milano, Cicalia di Mantova,  Spesati di Olbia. L’incidenza dei supermercati di nuova generazione, comunque, si attesta solamente all’1,7%, anche se in allungo dall’1% del 2019 (dati Osservatorio Politecnico).

 

Blockchain e QR Code per certificare la qualità del cibo

L’onda lunga della tecnologia sta arrivando direttamente anche alle aziende produttrici del comparto food, con un numero crescente di imprese che scelgono le soluzioni digitali per garantire la tracciabilità dei prodotti a tutela della loro qualità. Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise dell’Università degli Studi di Brescia, la blockchain ha conosciuto un vero e proprio boom, arrivando a rappresentare già nella primavera del 2020 il 43% delle soluzioni disponibili, seguita da QR Code (41%), mobile app (36%), data analytics (34%) e infine dall’Internet of Things (30%). Del resto anche l’edizione 2020 dell’indagine realizzata da Morning Consult e IBM , condotta su 3.500 partecipanti di cui quasi mille italiani, ha messo in evidenza che i consumatori sono sempre più attenti alle informazioni sulla provenienza del cibo, delle materie prime e della qualità dei processi di lavorazione, trasformazione e trasporto. In più sono sotto la lente anche i temi della lotta allo spreco alimentare. E se da una parte i consumatori mostrano una crescente sensibilità alla così detta ‘food safety’, dall’altra aumenta la necessità per le imprese di disporre di soluzioni tecnologie e organizzative in grado di rispondere alla sempre maggiore domanda di sostenibilità e, per altri versi, di responsabilità sociale e ambientale. In base allo studio in Italia si pone grande attenzione alla provenienza locale dei prodotti (58%) e alla scelta dei cibi sani (45%). Il 50% del campione analizzato si è dichiarato molto attento alla sostenibilità del cibo, una sensibilità e una attenzione che appare particolarmente importante per la Generazione Z, con una quota del 55%. Un ruolo di peso è ovviamente svolto dal prezzo ma se in Europa il prezzo “alto” viene vissuto come un freno, al contrario in Italia sembra essere vissuto come una garanzia. Numeri alla mano, a livello europeo il prezzo alto è un ostacolo all’acquisto di beni a provenienza “certificata” per il 42% del campione, percentuale che invece scende al 35% per gli italiani. In pratica 3 italiani su 4 si dicono disposti ad affrontare un sovrapprezzo dell’ordine del 5-10% per poter scegliere cibo in grado di garantire provenienza e sostenibilità.

fonte: Il Sole 24ORE Radiocor via tuttofood.it