Bonus per le aggregazioni delle Pmi nella Legge di bilancio 2021

Bonus per le aggregazioni delle Pmi nella Legge di bilancio 2021

Il Bonus per le aggregazioni delle Pmi riguarda un pacchetto di misure fiscali di vantaggio ad hoc disegnate per incentivare i processi di aggregazione aziendale realizzati attraverso fusioni, scissioni o conferimenti d’azienda da deliberare nel 2021 (legge n. 178/2020, articolo 1, commi 233-243). In realtà, le misure in questione erano già state introdotte dal decreto “Rilancio” per favorire il rafforzamento patrimoniale delle piccole e medie imprese. Dunque, la nuova legge di bilancio ha di fatto prorogato il credito d’imposta a favore delle società per l’aumento di capitale estendendone i termini fino al 30 giugno 2021 e introducendo alcune modifiche all’impianto normativo originario.

In sostanza, le misure incentivanti consentono al soggetto risultante dall’operazione straordinaria, al beneficiario e al conferitario di trasformare in credito d’imposta una quota di attività per imposte anticipate (deferred tax asset – Dta) riferite a perdite fiscali ed eccedenze Ace (aiuto alla crescita economica). La trasformazione avviene in due momenti distinti, per un ammontare complessivo non superiore al 2% della somma delle attività dei soggetti partecipanti alla fusione o alla scissione.

Perché favorire l’aggregazione delle imprese italiane
Piccolo è bello, ma non sempre. Questa regola vale anche per il mondo imprenditoriale italiano, popolato da piccole e medie impese e da micro-aziende. Un tessuto creativo, dinamico ma cronicamente sottocapitalizzato, cioè con un patrimonio netto inferiore ai limiti legali. Un fenomeno questo consistente in Italia, tanto da rendere altrettanto persistente la relazione tra sottocapitalizzazione, fallimento dell’impresa e sua uscita dal mercato. Si pensi se a questo stato dell’Impresa-Italia si aggiungono anche i potenziali effetti dell’epidemia di Covid-19 e le sue ricadute.

Di seguito, un esempio chiaro che rivela l’attualità della criticità descritta: nel periodo 2010-18 circa l’8,5% delle società di capitali risultava sottocapitalizzato. L’insorgere della sottocapitalizzazione anticipa in molti casi la conclusione dell’attività e, infatti, circa il 60% delle società coinvolte esce dal mercato entro 3 anni.
Nonostante l’effetto mitigante delle misure del Governo, l’epidemia di Covid-19 condurrebbe a un notevole aumento del tasso di sottocapitalizzazione nel 2020/21 (fonte: Banca d’Italia, N. 590 – La sottocapitalizzazione tra le imprese italiane: crisi e sopravvivenza prima e dopo l’epidemia di Covid-19). Per arginare questo rischio, prima il decreto “Rilancio”, ora la legge di bilancio 2021, hanno esteso e aumentato alcuni bonus che favoriscono la capitalizzazione e il rafforzamento delle società.

Bonus condizionato ed esclusioni
Per fruire dell’incentivo le società che partecipano alle operazioni devono essere operative da almeno due anni e non devono far parte dello stesso gruppo societario né, in ogni caso, essere legate tra loro da un rapporto di partecipazione superiore al 20% o controllate anche indirettamente ai sensi delle norme del codice civile.
Sono escluse dall’agevolazione le società per le quali sia stato accertato lo stato o il rischio di dissesto ai sensi della disciplina delle crisi bancarie ovvero lo stato di insolvenza secondo le norme sulla crisi d’impresa. Inoltre, la trasformazione delle attività per imposte anticipate in credito d’imposta permane condizionata al pagamento di una commissione, pari al 25% delle attività per imposte anticipate complessivamente trasformate, da versare in due soluzioni.

Perdite e importi che attraggono l’incentivo
In particolare, la norma prevede che, in caso di operazioni di aggregazione aziendale realizzate attraverso fusione, scissione o conferimento d’azienda e deliberate dall’assemblea dei soci, o dal diverso organo competente per legge, tra il 1° gennaio 2021 e il 31 dicembre 2021, al soggetto, rispettivamente, risultante dalla fusione o incorporante, beneficiario e conferitario, sia consentita la trasformazione in credito d’imposta delle attività per imposte anticipate riferite ai seguenti componenti: perdite fiscali maturate fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di efficacia giuridica dell’operazione, non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile alla medesima data; importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto, cosiddette eccedenze Ace, maturato fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di efficacia giuridica dell’operazione e non ancora dedotto né trasformato in credito d’imposta alla medesima data. Le attività per imposte anticipate riferibili ai componenti sopra indicati possono essere trasformate in credito d’imposta anche se non iscritte in bilancio.

Bonus senza interessi
Il credito d’imposta derivante dalla trasformazione in oggetto non è produttivo di interessi e può essere utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione mediante F24, ovvero essere ceduto, e ancora, essere chiesto a rimborso. Inoltre, va indicato nella dichiarazione dei redditi, ma non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto tra componenti positive e negative di reddito.

Un solo bonus per ogni beneficiario
Si rammenta che indipendentemente dal numero di operazioni societarie straordinarie realizzate, le disposizioni agevolative possono essere applicate una sola volta per ciascun soggetto. Inoltre, come già accennato, la trasformazione delle attività per imposte anticipate in credito d’imposta è condizionata al pagamento di una commissione pari al 25% delle attività per imposte anticipate complessivamente trasformate.
Riguardo alla tempistica, il versamento della commissione è effettuato per il 40% entro trenta giorni dalla data di efficacia giuridica delle operazioni straordinarie e per il restante 60% entro i primi trenta giorni dell’esercizio successivo a quello in corso alla data di efficacia giuridica delle operazioni stesse.
La commissione è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap nell’esercizio in cui avviene il pagamento. Ai fini dell’accertamento, delle sanzioni e della riscossione della commissione, nonché per il relativo contenzioso, si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.

Fonte: fiscooggi.it