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02 Lug 2/7 Agricoltura e cibo sostenibili sui tetti di Parigi
di Eduardo Lubrano.
Il cibo e l’agricoltura sostenibile. Su Impakter Italia abbiamo scritto molte volte delle nuove possibilità che si stanno esplorando per produrre cibo a costi ridotti a cominciare dai chilometri zero. Abbiamo scritto delle fattorie verticali. Di come sia possibile fare del cibo una materia di studio universitaria con tanto di sbocchi professionali importanti.
A Parigi è in fase di sperimentazione avanzata un progetto di agricoltura urbana. Si trova sul un tetto dell’Exhibition Centre ed è destinata a crescere nei prossimi due anni per diventare la più grande fattoria urbana d’Europa.
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@Agripolis.eu
La fattoria si estende attualmente su una superficie di 4.000 m², ma quelli che ci stanno lavorando prevedono di ampliare lo spazio agricolo a 14.000 m² entro il 2022.
L’obiettivo è di arrivare a produrre circa 1.000 kg di frutta e verdura ogni giorno in alta stagione grazie a un team di circa 20 agricoltori, fornendo al contempo un modello globale per un altro tipo di agricoltura sostenibile in cui i prodotti siano coltivati localmente e secondo le stagioni.
“L’obiettivo è quello di fornire prodotti sani e privi di pesticidi alle aziende locali, ai ristoranti aziendali e alle associazioni agricole di una zona vicina“, dice il presidente di Agripolis Pascal Hardy ad AFP.
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Oltre all’agricoltura commerciale, la gente del posto può affittare uno spazio sul tetto per coltivare la propria frutta e verdura, mentre i visitatori possono assaggiare i prodotti in un ristorante sul posto.
La fattoria fa parte di quella tendenza crescente nella capitale francese a produrre e consumare cibo a livello locale, con una serie di progetti di agricoltura urbana che sono sorti intorno alla città negli ultimi anni, mentre il Comune di Parigi si è impegnato a creare 30 ettari di spazio agricolo urbano nella città nel 2020.
“Siamo in cima all’ondata del biologico, ma stiamo scendendo, e la sfida ora è di riuscire a mostrare come sono stati generati i prodotti, e anche di dimostrare che non provengono dall’altra parte del pianeta, come i fagioli del Kenya, per esempio, o dal profondo della Spagna con pratiche agricole poco virtuose”.
fonte: Eduardo Lubrano – impakter.it