Unità collabenti e non solo, istruzioni del Mef in tema di Imu

Unità collabenti e non solo, istruzioni del Mef in tema di Imu

Non è dovuta l’Imu sulle unità collabenti non avendo tali fabbricati una propria rilevanza impositiva in quanto privi di rendita. Per fruire dell’aliquota ridotta pari allo 0,1 riconosciuta ai fabbricati rurali strumentali non è necessaria la qualifica di coltivatore diretto. Sono solo alcuni dei chiarimenti forniti dal Dipartimento finanze con la risoluzione n. 4/2023 a seguito delle posizioni assunte da alcuni Comuni sull’assolvimento dell’imposta.

Fabbricati collabenti
Il primo dei quesiti portato all’attenzione del Dipartimento finanze riguarda la legittimità dell’Imu sui fabbricati collabenti, iscritti al catasto alla categoria F/2. I Comuni infatti, a detta degli istanti, li vorrebbero far ricadere nell’ambito dei terreni fabbricabili, per i quali l’imposta, come è noto, è dovuta.
La risoluzione chiarisce che le unità collabenti sono a tutti gli effetti dei fabbricati ma il fatto che sono privi di rendita, in quanto privi di autonomia reddituale, esclude l’applicazione dell’Imu. Il presupposto dell’imposta, infatti, è che il bene abbia una propria capacità contributiva, requisito assente in questa tipologia di fabbricati.
Tali unità, inoltre, al Catasto edilizio urbano, sono comunque definiti “fabbricati” e non possono essere inclusi fra i “terreni edificabili” come indicato dai Comuni.
Lo stesso orientamento era stato espresso dalla Corte di cassazione (sentenza n. 8620/2019): il “fabbricato accatastato come unità collabente (categoria F/2), oltre a non essere tassabile ai fini ICI come fabbricato, in quanto privo di rendita, non lo è neppure come area edificabile, salvo che l’eventuale demolizione restituisca autonomia all’area fabbricabile che, solo da quel momento, è soggetta a imposizione come tale, fino al subentro della imposta sul fabbricato ricostruito”. In tal senso anche la sentenza n. 19338/2019 e l’ordinanza n. 28581/2020 che hanno escluso l’Imu sulle unità collabenti, sia come fabbricati sia come aree edificabili a meno che la demolizione comporta un’autonomia dell’area fabbricabile che diventa quindi imponibile.
In conclusione, l’Imu sui fabbricati collabenti non è dovuta.

Fabbricati rurali strumentali
Il secondo quesito chiarisce, in sintesi, che per fruire dell’aliquota Imu ridotta sui fabbricati rurali strumentali, nella misura dello 0,1% fino al suo azzeramento, secondo quanto previsto dalla legge di Bilancio 2020 (articolo 1, comma 750 legge n. 160/2019), non serve essere un coltivatore diretto.
I Comuni invece, lamentano gli istanti, ritengono necessaria ai fini dello sconto la qualifica coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale (articolo 12, Dlgs n. 99/2004), inoltre disconoscono il contratto di comodato come titolo idoneo alla conduzione del fabbricato strumentale.

Tale pretesa, chiarisce il Df, è priva di fondamento.

La risoluzione in esame precisa, in linea con l’orientamento della Cassazione, che occorre fare esclusivo riferimento al classamento del bene nella categoria catastale D/10 o all’apposizione della relativa
specifica annotazione e non alla qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo. Alla stessa conclusione è giunta la giurisprudenza di legittimità con la sentenza n. 7102/2010, secondo cui “qualora un “fabbricato” sia stato catastalmente classificato come “rurale” (categoria ***** per le unità abitative, categoria ***** per gli immobili strumentali alle attività agricole) resta precluso ogni accertamento, in funzione della pretesa assoggettabilità ad ICI del fabbricato medesimo, che non sia connesso ad una specifica impugnazione della classificazione catastale riconosciuta nei riguardi dell’amministrazione competente”.
Infine anche per quanto riguarda il contratto di comodato, la risoluzione, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune, lo ritiene un titolo idoneo a dimostrare l’esistenza del requisito di ruralità.

Conduzione associata di terreni
Terzo quesito al vaglio del Dipartimento finanze riguarda il tema dell’esenzione Imu nei casi di conduzione associata di terreni.
Si tratta di forme contrattuali molto diffuse, fra cui figurano il contratto di rete agricolo e la compartecipazione agraria, con cui l’imprenditore agricolo coltivatore diretto, o l’Imprenditore agricolo professionale (Iap) conduce rispettivamente per un determinato numero di anni o per alcuni mesi all’anno, i propri terreni con un altro imprenditore agricolo.
Secondo gli istanti tali figure professionali non perdono la conduzione dei terreni ma li gestiscono in forma associata, di conseguenza non viene meno il requisito per l’esenzione Imu, cioè  un’agevolazione riconosciuta ai terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli (articolo 1 del Dlgs n. 99/2004), iscritti alla previdenza agricola, comprese le società agricole, indipendentemente dalla loro ubicazione. In sostanza per la misura di favore è sufficiente l’esistenza del possessore di un terreno, iscritto alla relativa previdenza, e la conduzione dei terreni.
Deve respingersi quindi l’interpretazione restrittiva adottata dai Comuni che non volevano riconoscere il beneficio.
Secondo quanto precisato dal Df con la risoluzione in esame, invece, la conduzione associativa dei terreni è un elemento idoneo a legittimare l’applicazione dell’esenzione Imu in quanto in linea con la volontà del legislatore (articolo 1, comma 758 legge di Bilancio 2020).

fonte: fiscooggi.it