
11 Giu Sistema contributivo: Opzione Donna può diventare vantaggiosa?
Il sistema contributivo è spesso visto come penalizzante per i futuri pensionati, spingendo molte lavoratrici a evitare l’uscita anticipata per timore di un assegno ridotto. Tuttavia, la misura Opzione Donna può rivelarsi vantaggiosa, soprattutto per chi ha avuto carriere discontinue o redditi più bassi negli ultimi anni lavorativi.
Opzione Donna era stata introdotta per offrire un’uscita anticipata alle donne. Svolge ancora oggi il compito di poter andare in pensione prima rispetto ai requisiti ordinari, ma la platea delle destinatarie si è ristretta nel tempo. Nel 2025, possono accedere alla misura solo quattro categorie:
- lavoratrici invalide con almeno il 74% di invalidità;
- caregiver che assistono un familiare disabile convivente da almeno sei mesi;
- lavoratrici licenziate;
- dipendenti di aziende coinvolte in tavoli di crisi ministeriali.
Pur mantenendo invariati i 35 anni di contributi richiesti, l’età anagrafica per l’accesso cambia a seconda della categoria. Le licenziate e le lavoratrici di aziende in crisi possono accedere a 59 anni. Le invalide e caregiver, invece, devono aver compiuto 61 anni, ma possono anticipare a 60 o 59 anni se hanno avuto uno o più figli. Tutto quindi ruota intorno ai conteggi sul sistema contributivo.
Esso è spesso percepito come penalizzante, ma la realtà è più complessa. Penalizza soprattutto chi aveva almeno 18 anni di contributi prima del 1996, mentre per le altre lavoratrici la differenza rispetto al sistema misto è meno marcata. In alcuni casi, il contributivo può persino risultare vantaggioso, specialmente per chi ha avuto part-time, cassa integrazione o salari ridotti negli ultimi anni lavorativi. Poiché sempre meno lavoratrici hanno carriere precedenti al 1996, l’impatto del contributivo si riduce. Di conseguenza, Opzione Donna non è necessariamente penalizzante, ma può rappresentare un’opportunità per molte lavoratrici