Riforma pensioni: aperta la battaglia in Parlamento

Riforma pensioni: aperta la battaglia in Parlamento

L’idea di Mario Draghi di ritornare alla Legge Fornero, caposaldo della Restaurazione pensionistica, non è piaciuta quasi a nessuno nei partiti che adesso la dovrebbero votare dentro la Manovra Finanziaria che è approdata all’esame del Parlamento. Si preannuncia quindi battaglia a meno che il governo non decida di porre la fiducia se dovesse perdere il controllo della situazione.

Intanto sarà vietato attentare all’integrità di Quota 102. Ape sociale, cui la sinistra voleva allargare la base di lavoratori, sarà semplicemente confermata senza particolari modifiche.

Opzione Donna. Qui si scontreranno, fino all’ultimo giorno disponibile, i partiti compatti nel chiedere il ritorno ai vecchi parametri e il governo che tenterà di resistere per innalzare l’età pensionabile a 60 per le lavoratrici dipendenti e 61 per quelle autonome, mantenendo 35 anni di contributi. 

Con le misure che vorrebbe varare, Draghi intende alla lunga, dopo un periodo transitorio di un anno, abolire quota 100.

Quota 102 servirà ad evitare il cosiddetto scalone, permettendo di andare in pensione se la somma dei propri contributi versati e dell’età raggiunge appunto 102.  Altrimenti ci sarebbe un dislivello di ben cinque anni tra chi va in pensione quest’anno e chi andrebbe l’anno prossimo.

Contro un atteggiamento del governo ritenuto troppo duro fuori dal Parlamento si stanno muovendo compatti i Sindacati. Le trattative aperte negli ultimi mesi hanno segnato il passo, senza trovare soluzioni, perché le parti si sono irrigidite sulle proprie posizioni.

E se i sindacati hanno come obbiettivo minimo l’abolizione della Fornero e la sua sostituzione con una legge che mandi in pensione prima i lavoratori, è facile capire che c’è ancora tanto da dialogare.

Una mediazione del governo chiamata Opzione Tutti è arrivata sui tavoli di discussione. Essa prevede non una riforma della legge Fornero come vorrebbero i sindacati, ma una flessibilità maggiore ottenuta sfruttando il salto tra sistema retributivo e sistema contributivo, creato dalla riforma Dini del 1995. Ai sindacati questo meccanismo ufficialmente non piace, ma pare che sia al momento l’unica concessione che il governopossa concedere.