“Prima casa” venduta ante tempo, requisiti tassativi per non decadere

“Prima casa” venduta ante tempo, requisiti tassativi per non decadere

È legittimo l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia per la mancata realizzazione dell’abitazione principale e dell’omesso trasferimento nella stessa

La norma prevede la decadenza dai benefici “prima casa” quando la stessa viene venduta prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell’acquisto, a meno che il contribuente “entro un anno dall’alienazione dell’immobile proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”. Non esistono termini diversi (Cassazione, ordinanza n. 30527/2023).

La vicenda processuale in commento ha preso le mosse da una sentenza della Ctr Toscana, con la quale, in riforma della pronuncia di primo grado, veniva rigettato il ricorso proposto, da due contribuenti, avverso un avviso di liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto e di irrogazione delle sanzioni, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva applicato una rettifica dell’Iva, per assunta violazione delle disposizioni di cui all’articolo 1, nota II-bis, della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr n. 131/1986.

I giudici di secondo grado rimarcavano che, indiscussa la rivendita della “prima casa” dei contribuenti entro un quinquennio dall’acquisto, non esisteva la prova – che gli stessi avrebbero dovuto fornire – della realizzazione entro un anno (28 marzo 2013), della loro nuova “prima casa” e del loro trasferimento in detto nuovo immobile; circostanza necessaria a giustificare, secondo i principi fissati dalla Corte costituzionale, l’“eccezione alla regola della decadenza” dai benefici fiscali ottenuti in occasione dell’acquisto della “prima casa”. Veniva, poi, precisato che mancava la prova che i contribuenti ancora non si erano neppure trasferiti nel comune ove sostenevano di volere realizzare la loro nuova “prima casa”, nonché la dimostrazione che nel corso del periodo annuale legislativamente previsto per “la destinazione della casa ad abitazione principale” – secondo l’espressione della Corte costituzionale – si fossero verificate condizioni che, effettivamente, avessero impedito la realizzazione del progetto di trasferimento.
In conclusione, la Ctr statuiva che, legittimamente, l’Agenzia aveva ritenuto decaduti i contribuenti dai benefici fiscali concessi per l’acquisto della loro “prima casa” e preteso il pagamento dei tributi indicati nell’avviso di liquidazione in contestazione.

Avverso detta ultima pronuncia i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi di impugnazione, ai quali ha resistito l’ufficio con proprio controricorso.
Con il primo motivo si deduceva la presunta violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare della circolare n. 3l/2010 e della risoluzione n. 44/2004. In sintesi, i ricorrenti sostenevano che i giudici di appello non avevano considerato che in materia non esiste un termine per il trasferimento della residenza se non, appunto, quello “…entro termini ragionevoli…” come ritenuto dalla Cassazione nella pronuncia n. 28401/2013, con la conseguenza che, se un termine deve esistere, questo non poteva essere che quello triennale stabilito dalla giurisprudenza e collegato al potere accertativo dell’Amministrazione, così come stabilito dalla suprema Corte, con la sentenza n. 22944/2013.
Con il secondo motivo si evidenziava (ex articolo 360, primo comma, n. 5, cpc), l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (trasferimento familiare avvenuto il 21 marzo 2015 e documentazione attestante l’alluvione del 2012 – qualificato come “legittimo impedimento” – nel comune di destinazione).

I giudici di legittimità, con l’ordinanza n.30527 dello scorso 3 novembre 2023, hanno rigettato il ricorso di parte sulla base delle seguenti motivazioni.
Partendo dal dato normativo di riferimento (articolo1, nota II-bis, comma 1, Parte I, Tabella allegata al Dpr n. 131/1986), la Cassazione ha precisato che il riconoscimento delle agevolazioni “prima casa” è subordinato, tra l’altro, al trasferimento entro diciotto mesi della residenza del contribuente nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato. Il comma 4 della citata nota II-bis prevede la decadenza dal beneficio in caso di trasferimento, degli immobili prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, a meno che il contribuente “entro un anno dall’alienazione dell’immobile proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.

La Cassazione, a più riprese, ha affermato che, come si desume dal tenore letterale della citata disposizione, il contribuente che, venduto, prima del decorso di cinque anni dall’acquisto, l’immobile per il quale abbia usufruito dei benefici, ne acquisti un altro entro un anno dall’alienazione, può conservare l’agevolazione solo se trasferisca la propria residenza nel nuovo immobile, non essendo sufficiente la mera intenzione di detta destinazione (cfr Cassazione, pronuncia n. 22488/2020).
Altresì, la Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 46/2009, ha affermato che, con il comma 4 della nota II-bis, il legislatore ha voluto disciplinare una fattispecie del tutto diversa da quella dell’accesso alle agevolazioni, introducendo un’eccezione alla regola della decadenza dai benefici prevista dal primo periodo dello stesso comma e che tale eccezione opera, esclusivamente, nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione, proceda all’acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Nel caso in esame, a parere dei supremi giudici, la questione del trasferimento di residenza non è, invero, pertinente poiché, come rilevato dalla stessa Corte, “con la disposizione di cui al comma 4 della nota II-bis dell’art. 1 della parte I della tariffa allegata al DPR n. 131 del 1986, il legislatore ha disciplinato una fattispecie diversa da quella dell’accesso alle agevolazioni (di cui al comma 1, della stessa nota II bis, cit.)” prevedendo “non una reiterazione delle agevolazioni medesime, ma un’eccezione alla regola della decadenza da tali benefici prevista dal primo periodo dello stesso comma; eccezione che opera esclusivamente nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione, proceda all’acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale” (cfr Cassazione nn. 17148/2018, 22488/2020, 5353/2020, e, altresì, Corte costituzionale n. 46/2009), rimarcandosi, inoltre, che, ai fini della rilevanza del nuovo acquisto (sul piano della conservazione delle agevolazioni già godute per il precedente acquisto), deve sussistere il requisito della destinazione del nuovo immobile ad abitazione principale, essendo insufficiente la mera intenzione di detta destinazione (cfr Cassazione nn. 5353/2023, 34572/2019,.3713/2017, 13958/2016, 13343/2016 e 8847/2015).

In conclusione, il primo motivo veniva respinto dovendosi dare continuità all’orientamento secondo cui il contribuente che, entro cinque anni dall’acquisto di un immobile con i benefici “prima casa“, lo trasferisca a titolo oneroso o gratuito, conserva detti benefici solo se entro un anno dall’alienazione dello stesso proceda all’acquisto di un altro immobile e lo destini concretamente a propria abitazione principale.
Parimenti infondato veniva ritenuto anche il secondo motivo di impugnazione, in quanto la circostanza relativa al trasferimento di residenza è stato esaminata e la Ctr Toscana ha rilevato che mancava “la prova, anzi esiste in atti la opposta ammissione dei contribuenti, che questi ultimi al 21.1.2015 ancora non si trasferivano neppure nel Comune ove sostenevano di volere costruire la loro nuova “prima casa””. Si tratta, peraltro, di circostanza fattuale non decisiva perché entro l’anno dalla vendita i contribuenti avrebbero dovuto adibire la nuova prima casa ad abitazione.
Anche il fatto relativo agli eventi alluvionali è stato esaminato e i giudici di appello hanno evidenziato che “mancano altresì le prove che nel corso del periodo 28.3.2012-28.3.2013, legislativamente previsto per “la destinazione della casa ad abitazione principale“”, secondo l’espressione della Corte costituzionale, “si verificassero situazioni che effettivamente impedissero la realizzazione del progetto di trasferimento dei contribuenti alla nuova “prima casa””.

fonte: fiscooggi.it