Dalla vendemmia scocca l’ora per la deducibilità dell’acquisto

Dalla vendemmia scocca l’ora per la deducibilità dell’acquisto

In tema di Iva, il costo dell’uva non può essere recuperato nell’anno di stipula del contratto con cui il venditore si impegna a cedere in periodi successivi il prodotto, a rilevare è la consegna.

Al fine dell’individuazione dell’esercizio di competenza, sbaglia il giudice di appello sia nell’attribuire rilevanza all’immediatezza della fatturazione da parte del venditore nell’anno di stipula del contratto di cessione sia nel considerare l’acquisto della partita di uva, da prodursi nella campagna vendemmiale dell’anno successivo, quale mero oggetto di trasporto differito.
Ai fini della deducibilità del costo per l’acquisto dell’uva, invece, assume valenza decisiva non solo la produzione della stessa frutta, ma la separazione dalle piante di vite, con la successiva consegna o spedizione alla società acquirente. Lo ha chiarito la Cassazione nell’ordinanza n. 35817 del 6 dicembre 2022.

I fatti
Con avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2007, notificato a una Srl esercente l’attività di “commercio all’ingrosso di bevande alcoliche”, l’ufficio ha recuperato a tassazione, tra l’altro, il costo di circa 70mila euro poiché ritenuto non di competenza.
Si trattava delle spese relative all’acquisto di circa 700 quintali di uva come convenuto sulla base del contratto del 12 novembre 2007. Con quest’ultimo un’altra Srl si impegnava a vendere alla società contribuente, per 100 euro al quintale più Iva, la produzione di uva “Primitivo di Manduria doc”, che avrebbe ricavato dai propri vigneti nel successivo 2008. A parere dell’ufficio, il costo relativo all’acquisto di uva doveva essere dedotto non nell’esercizio 2007, anno di stipula del contratto, bensì in quello nel quale la merce, una volta venuta a esistenza, sarebbe stata effettivamente consegnata, ex articolo 109 TUIR (consegna che, tra l’altro, non risultava avvenuta né nel 2008, né nel 2009).

Di diverso avviso la contribuente, secondo la quale si trattava di una vendita di cosa futura già perfetta, a natura obbligatoria, caratterizzata dalla momentanea inesistenza del bene e dal suo trasferimento in un momento successivo, una volta che il bene sarebbe venuto a esistenza.
Anche i giudici di merito hanno ritenuto che la vendita di cosa futura non integrasse gli estremi del contratto in formazione: pur non comportando il passaggio della proprietà della cosa al compratore simultaneamente, per effetto della semplice manifestazione del consenso, si trattava di una vendita obbligatoria, perfetta sin dall’origine e di per sé sufficiente (ex articolo 1472, comma 1, cc) a produrre automaticamente l’effetto traslativo della proprietà nel momento in cui la cosa sarebbe venuta a esistenza ovvero anche in un momento successivo qualora le parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, avessero espressamente differito l’effetto medesimo a un momento posteriore, senza necessità di un successivo atto di trasferimento.
A parere dei giudici di merito, quindi, nonostante l’effetto traslativo potesse realizzarsi solo quando la res fosse venuta a esistenza, restava ferma la necessità della fatturazione immediata, con conseguente deducibilità del costo indicato in fattura nel 2007.

L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza di secondo grado, lamentando, tra l’altro, violazione di legge (articolo 109, comma 2, lettera a), Tuir, e articolo 1472 cc) e la Cassazione ha accolto il ricorso, ribadendo (Cassazione, n. 24553/2022) che “In tema di determinazione del reddito di impresa, le componenti negative, rappresentate dalle spese di acquisizione di beni mobili, devono essere detratte unicamente nell’esercizio di competenza, da determinarsi con riferimento alla data di consegna o di spedizione, risultando invece irrilevante la data di ricezione della relativa fatturaè, invece, inammissibile la detrazione dei costi in esercizi diversi da quello di competenza, non potendo il contribuente scegliere arbitrariamente il periodo in cui registrare le passività, poiché questo potrebbe alterare i risultati della dichiarazione, mediante i meccanismi di compensazione dei ricavi e dei costi nei singoli esercizi”.

Osservazioni
I giudici di piazza Cavour hanno affermato che l’articolo 109 Tuir esprime il principio secondo il quale le spese e gli altri componenti negativi dei quali non sia certa l’esistenza o determinabile l’effettivo ammontare devono essere considerati nell’esercizio in cui si realizzano tali condizioni.

Al riguardo la Cassazione ha richiamato il principio di legittimità consolidato secondo il quale “In tema di imposte sul reddito di impresa, ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza al quale vanno temporalmente imputati i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi del reddito, ai sensi dell’art.109 del d.P.R. n. 917 del 1986, deve tenersi conto del momento in cui si verificano le due condizioni della ‘certezza’ in ordine alla sussistenza e della ‘determinabilità’ in ordine all’ammontare, della cui prova è onerata l’amministrazione finanziaria con riguardo ai componenti positivi, e il contribuente con riguardo ai componenti negativi…” (ex multis, Cassazione n. 19166/2021).

In particolare, con riferimento ai costi per l’acquisto di una res, oggetto di vendita di cosa futura (di regola, contratto commutativo e non aleatorio), le richiamate condizioni di certezza e determinabilità si realizzano, nel momento in cui la cosa venga ad esistenza e, nel caso specifico di frutti naturali, solo nel momento della separazione, ex art. 1472, comma 1, cc, determinandosi solo in tale circostanza la possibilità di consegna o di spedizione.

Del resto, trattandosi di beni mobili, il momento in cui il relativo costo di acquisto è sostenuto, ai fini della sua deducibilità, va individuato proprio nella data di consegna o spedizione, come espressamente previsto dall’articolo 109, comma 2, lettera a) del Tuir.
Da un lato, infatti, il buon esito della coltivazione del fondo, al fine di ottenere una quantità di uva tale da consentire l’esatto adempimento del contratto, è intrinsecamente dipendente, tra l’altro, da una serie di elementi incerti per natura (ad esempio le condizioni meteo, eccetera), dall’altro lato, è solo con la separazione, che si realizza l’effetto traslativo, il che non solo consente la successiva consegna o spedizione, ma costituisce il principale elemento idoneo a conferire certezza all’intera operazione.

Tali conclusioni non contrastano con la disciplina dettata dal codice civile (articoli 1472, comma 1, codice civile): in generale, il trasferimento della proprietà della cosa futura oggetto della vendita si verifica quando la res viene a esistenza. In particolare, se oggetto della vendita sono i frutti di un fondo, la proprietà si acquista quando i frutti sono separati.
Nella vicenda in esame, riguardo il contratto di cessione dell’uva, il momento traslativo poteva realizzarsi solo quando l’uva fosse stata separata dalle piante di vite e, quindi, il costo di acquisto da parte della società contribuente sarebbe risultato deducibile soltanto nell’esercizio del 2008, stando alle espresse pattuizioni contrattuali.

fonte fiscooggi.it