8 giovani su 10 vogliono lasciare il lavoro per il burnout, è l’ora di preoccuparsene

8 giovani su 10 vogliono lasciare il lavoro per il burnout, è l’ora di preoccuparsene

Otto lavoratori su dieci sono pronti a lasciare il loro impiego. La ragione? La sindrome da burnout, una condizione medica riconosciuta e catalogata come malattia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, associata allo stress cronico sul lavoro non gestito in modo adeguato. Questo problema coinvolge l’80% dei lavoratori della Generazione Z e dei Millennial, una percentuale significativa di persone che sarebbero disposte a rinunciare a lavorare in determinate aziende a causa di una cultura lavorativa tossica, secondo un sondaggio pubblicato su People Management. I dati mostrano anche che circa il 50% dei dipendenti di questa fascia demografica si sente particolarmente stressato sul luogo di lavoro. Questi risultati non sorprendono più di tanto.

In un altro recente sondaggio condotto dal McKinsey Health Institute su condizioni lavorative in vari uffici e aziende in 30 paesi, coinvolgendo un totale di 30.000 dipendenti, la mancanza di comprensione dello stress sul lavoro e del burnout emerge come una delle principali cause di disfunzione aziendale a un livello profondo, influenzando le relazioni tra i dipendenti e la produttività stessa. Ancora una volta, non sorprende. Francesca Verderio, responsabile della pratica di Formazione e Sviluppo di Zeta Service, un’azienda italiana specializzata in servizi HR e payroll, commenta: “È fondamentale conoscere le esigenze e le opinioni dei dipendenti per migliorare tutti gli aspetti della vita lavorativa. Si tende erroneamente a pensare che il desiderio di abbandonare il lavoro sia legato a questioni di retribuzione, carriera o a offerte concorrenti allettanti, quando in realtà spesso si tratta di problematiche più sottili, che possono essere individuate attraverso un ascolto più approfondito.”

Sembrerebbe che la sindrome da burnout sia una delle principali ragioni dietro le dimissioni dal lavoro, poiché spesso viene minimizzata, ignorata o non ascoltata. I dati riguardanti il burnout in Italia, secondo il sondaggio McKinsey, sembrano essere moderatamente rassicuranti (a seconda del punto di vista): solo il 16% delle persone dichiara di avere sintomi, una percentuale molto più bassa rispetto alla media e distante dai numeri di paesi come l’India, dove il 59% dei lavoratori soffre di burnout. Tuttavia, c’è poco motivo per sentirsi tranquilli: i dati sono molto più elevati quando si parla di esaurimento fisico, stanchezza mentale e sovraccarico, con un preoccupante 43%. Siamo così esausti da non avere più la forza di cambiare direzione, ma solo di riconoscere la necessità di farlo? È diventato così potente il nostro burnout collettivo da rendere difficile dire di no o fermarsi?

La situazione è drammatica, poiché le conseguenze si riflettono sulla salute mentale dei dipendenti, che possono scegliere di lasciare posti di lavoro caratterizzati da dinamiche distruttive per il bene comune e la propria serenità. Tuttavia, le aziende ne pagano il prezzo: un ambiente di lavoro negativo non risparmia sulla produttività. Secondo stime di McKinsey, la perdita di produttività a livello globale è di 8,8 trilioni di dollari. La felicità sul lavoro porta benessere mentale ai dipendenti e vantaggi tangibili per le aziende: un sondaggio di Business in the Community ha indicato che il miglioramento del benessere dei dipendenti nel Regno Unito potrebbe generare un valore economico compreso tra 130 e 370 miliardi di sterline all’anno, corrispondente al 6-17% del PIL.

Ma come si valuta lo stato di salute di un’azienda attraverso i suoi dipendenti? Si considera il senso di appartenenza, l’impegno, l’attenzione e l’assistenza nei confronti della salute e del benessere psicologico dei dipendenti, l’etica e il comportamento equo dei manager, nonché la formazione e le opportunità di carriera. “L’analisi del clima aziendale dovrebbe essere vista come un monitoraggio continuo e non solo come uno strumento da utilizzare in momenti di crisi o di crescita dell’organizzazione”, conclude Verderio, sottolineando l’importanza di avere terapeuti che facciano sentire i dipendenti al sicuro e non esposti a ricatti. È altrettanto importante comunicare ai dipendenti i risultati in modo corretto, evidenziando come siano un punto di partenza per migliorare l’azienda e la sua competitività sul mercato.