
09 Giu Nel rapporto tra trust e fiscalità è la sostanza che conta
L’evoluzione di giurisprudenza e prassi che si sono susseguiti dall’approdo dell’istituto nell’ordinamento italiano vede prevalere la realtà del rapporto giuridico sulla forma scelta come veicolo.
Il trust, istituto di origine anglosassone recepito nell’ordinamento italiano attraverso la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1985, rappresenta uno strumento giuridico di natura poliedrica, utilizzato prevalentemente per finalità di protezione patrimoniale, pianificazione successoria e amministrazione fiduciaria. La disciplina fiscale applicabile al trust si caratterizza per un costante processo evolutivo, segnato dall’interazione tra prassi amministrativa e orientamenti giurisprudenziali di cui l’ultimo passaggio è stato il decreto legislativo n. 139/2024. Il presente contributo intende offrire una sintesi degli ultimi sviluppi in materia, con particolare riguardo alla figura del trust interposto, il quale si distingue per la mancanza di una reale autonomia gestionale, con inevitabili ricadute sul trattamento fiscale.
Il trust tra profili civilistici e fiscali
Sotto il profilo civilistico, il trust si caratterizza per la separazione tra la titolarità formale dei beni, attribuita al trustee, e la titolarità sostanziale o economica, riconosciuta al disponente o ai beneficiari, o altrimenti destinata al perseguimento di uno scopo. Il disponente conferisce un patrimonio nel trust, segregandolo, e formalmente lo trasferisce al trustee, affinché lo amministri nell’interesse del disponente, dei beneficiari se esistenti, o per uno scopo determinato. L’autonomia del trustee e la separazione patrimoniale sono i pilastri dell’istituto. Così come previsto nella Convenzione dell’Aja del 1°luglio 1985, ratificata senza riserva nel nostro ordinamento con legge 16 ottobre 1989, n. 364, gli elementi essenziali caratterizzanti i trust sono i seguenti:
1. la separazione dei beni del trust rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari;
2. l’intestazione dei beni medesimi al trustee;
3. il potere-dovere del trustee di amministrare, gestire e disporre dei beni secondo il regolamento del trust o le norme di legge.
Per effetto della predetta ratifica possono essere riconosciuti effetti giuridici in Italia ai trust costituiti secondo la legge di uno Stato che lo preveda nel proprio ordinamento giuridico quale istituto tipico.
Con riferimento all’imposizione diretta (cfr. risposta ad interpello n. 267/2023) i trust, residenti e non residenti sono inclusi tra i soggetti passivi dell’Ires, imposta sul reddito delle società (articolo 73, comma, 1, lettere b), c) e d) Dpr n. 917,1986, Tuir). Come chiarito, da ultimo, nella circolare 20 ottobre 2022 n. 34/E, ai fini della determinazione del reddito del trust residente, ”commerciale” e ”non commerciale”, rilevano in Italia tutti i redditi ovunque prodotti ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettere b) e c), mentre per i trust non residenti rilevano in Italia i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera d) del Tuir (vedi articolo Disciplina fiscale dei trust, il punto sulle novità normative).
Con la circolare n. 34/E del 2022 è stato, inoltre, chiarito che, in presenza di un trust non residente, nel caso di beneficiario residente ”individuato” e di beneficiario residente di trust opaco stabilito in Paesi a fiscalità privilegiata, rispettivamente ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del Tuir per i trust trasparenti non residenti e ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera gsexies), del Tuir per le attribuzioni da parte di trust opachi stabiliti in Stati aventi un regime fiscale privilegiato con riferimento ai redditi da essi prodotti, nei confronti del beneficiario residente (ai fini della imputazione o dell’attribuzione) rileva il reddito complessivamente prodotto dal trust non residente riferibile al beneficiario medesimo, indipendentemente dal rispetto del requisito di territorialità di cui all’articolo 23 del Tuir, superando il chiarimento fornito nel paragrafo 4.1 della circolare n. 48/E del 2007.
Ai fini della individuazione del regime fiscale applicabile al reddito, per effetto di quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 73 del Tuir, si distinguono due tipologie di trust:
- Trust opaco: i beneficiari non sono individuati o comunque senza diritto a ricevere redditi durante la vita del trust; la tassazione – Ires – è in capo al trust.
- Trust trasparente: beneficiari individuati e con diritto ai redditi; la tassazione diretta ai beneficiari.
Il trust interposto nella prassi di Agenzia delle Entrate
Il trust interposto, pur formalmente costituito, manca di autonomia gestionale e patrimoniale reale: il trustee esegue solo le direttive del disponente o dei beneficiari, privando il trust della funzione fiduciaria. Ciò comporta il disconoscimento della soggettività tributaria autonoma e l’attribuzione dei redditi direttamente al soggetto con controllo sostanziale, normalmente il disponente. Questa impostazione mira a prevenire elusioni fiscali basate su artifici giuridici privi di sostanza economica.
L’Agenzia ha chiarito più volte la nozione di trust interposto, ad esempio nella circolare 61/E/2010:
non possono, quindi, essere considerati validamente operanti, sotto il profilo fiscale, i trust che sono istituiti e gestiti per realizzare una mera interposizione nel possesso dei beni dei redditi. È il caso, ad esempio, dei trust nei quali l’attività del trustee risulti eterodiretta dalle istruzioni vincolanti riconducibili al disponente o ai beneficiari. Inoltre, come già detto, di essenziale importanza è l’effettivo potere del trustee di amministrare e disporre dei beni a lui effettivamente affidati dal disponente. Ne consegue che quest’ultimo non può riservare a se stesso il potere né il controllo sui beni del trust in modo da precludere al trustee il pieno esercizio dei poteri dispositivi a lui spettanti in base al regolamento del trust o alla legge.
Se, pertanto, il potere di gestire e disporre dei beni permane in tutto o in parte in capo al disponente e ciò emerge non soltanto dall’atto istitutivo del trust ma anche da elementi di mero fatto e non si verifica, quindi, il reale spossessamento di quest’ultimo, il trust deve considerarsi inesistente dal punto di vista dell’imposizione dei redditi da esso prodotti.
Sul punto va segnalata anche la risposta n. 796 del 1° dicembre 2021, ove l’Agenzia ha affermato che un trust nel quale il trustee può operare solo previo consenso di un guardiano nominato e revocabile dai beneficiari non può essere considerato effettivo dal punto di vista fiscale. In tale contesto, i beneficiari esercitano un potere tale da vanificare l’autonomia del trustee, rendendo il trust fiscalmente interposto ai fini delle imposte dirette. Ne consegue che i redditi prodotti dal patrimonio in trust devono essere imputati direttamente al disponente, secondo le categorie reddituali pertinenti.
La Circolare 34/E/2022 ha quindi precisato che ogni qualvolta il trust sia un semplice schermo formale e la disponibilità dei beni che ne costituiscono il patrimonio sia da attribuire ad altri soggetti, disponenti o beneficiari del trust, lo stesso deve essere considerato come un soggetto meramente interposto ed il patrimonio (nonché i redditi da questo prodotti) deve essere ricondotto ai soggetti che ne hanno l’effettiva disponibilità; indirizzo ribadito con la risposta a interpello 267/2023, che ha confermato che il mantenimento da parte del disponente di un potere sostanziale di controllo sulla gestione configura l’interposizione, con conseguente mancata autonomia fiscale del trust.
Nella valutazione ai fini fiscali, insomma, deve prevalere la sostanza del rapporto giuridico sul suo rivestimento formale in trust; questo orientamento di prassi si è evoluto in costante dialogo con una giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., Sez. V, ord. n. 24233/20, ord. n. 22182/20, sent. n. 8082/20, ord. n. 10256/20, ord. n. 28796/20) che ha valorizzato sempre la causale economica del negozio giuridico.
Sul trust interposto si segnala, per la sua rilevanza in aderenza alla prassi di Entrate, la sentenza n. 12395/2024 della Corte di Giustizia Tributaria di Roma, che ha ribadito come, anche se costituito civilisticamente, un trust privo di autonomia gestionale può essere fiscalmente inefficace. Nel caso esaminato, infatti, il trustee agiva sotto la direzione dei disponenti, con coincidenza delle figure; in tali circostanze la tassazione pretende l’attribuzione diretta dei redditi ai ricorrenti.
Questa pronuncia conferma la prevalenza della sostanza economica sulla forma e rafforza la posizione dell’Agenzia delle Entrate: il trust interposto non gode del regime fiscale dedicato ai trust legittimi.
Le novità del Dlgs n. 139/2024 nella tassazione del trust relativamente alle imposte indirette
Non è possibile concludere questo breve articolo senza un riferimento al Dlgs n. 139/2024, che – con attenzione all’evoluzione interpretativa dell’istituto effettuata da giurisprudenza e prassi, come nella Circolare 34/E/2022 – ha introdotto una disciplina chiara sulla tassazione dei trust relativamente alle imposte indirette, modificando il Tus (Dlgs n. 346/1990) con l’inserimento dell’art. 4-bis. La novella normativa stabilisce espressamente l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche ai “trasferimenti derivanti da trust e da altri vincoli di destinazione”, ove determinino arricchimenti gratuiti in favore dei beneficiari.
L’imposta, quindi, si applica al momento del trasferimento dei beni e dei diritti a favore dei beneficiari e le relative franchigie e aliquote trovano applicazione in base al rapporto tra disponente e beneficiario.
Si distingue ora nettamente tra:
- Tassazione “all’uscita”: l’imposta sulle successioni e donazioni si applica al momento del trasferimento effettivo ai beneficiari, in linea con la giurisprudenza e la prassi (circ. 34/E/2022). L’imposta è proporzionale e applicata solo se il trasferimento determina un arricchimento gratuito.
- Tassazione “all’entrata” (opzione): il disponente o il trustee (per trust testamentari) può optare per la tassazione immediata al momento dell’apporto dei beni, con imposta determinata sulla base patrimoniale e dei rapporti esistenti. Se i beneficiari non sono identificabili, si applica l’aliquota più elevata, senza franchigie. Questo offre certezza, ma rende definitiva l’imposta versata, anche se successivamente mutano beneficiari o aliquote.
Il decreto ha inoltre esteso gli obblighi dichiarativi, includendo espressamente il trustee testamentario tra i soggetti obbligati alla dichiarazione di successione.
fonte: fiscooggi.it